Vabbè io ci provo! Al limite, se non ce la faccio, metto la bici su un autobus, su un treno, su un pick up. Bo che ne so, mi affitto una macchina e ci infilo tutto dentro.
Perché abbia scelto i Balcani esattamente non lo so. Cercavo un posto economico, facilmente raggiungibile senza aereo e che mi desse il senso dell’avventura e della scoperta. Una parte del mondo tutto sommato sicura e sgarrupata al punto giusto.
Preparare il viaggio è già di per sé un viaggio, non privo di avventure ed imprevisti. Ad esempio per sbrigarmi a ritornare al pc, saltando dalla tazza al bidet, la caviglia mi si torce un po’.
Sto studiando sommariamente l’itinerario per lasciare spazio all’improvvisazione e ai consigli di chi incontro, evitare le salite senza senso e il traffico più ingombrante.
Chissà se ci saranno tutti quei gitani con i denti d’oro che cuociono i gatti sulla brace ed edifici pieni di buchi di mortaio e mitragliatrici.
Più tempo si ha a disposizione più difficili sembrano le scelte su cose fondamentali che potrebbero determinare la riuscita o meno del viaggio. Ad esempio, il silk épil, me lo porto? È meglio la maglietta bordeaux che si abbina con le scarpe o quella celeste che sta bene col casco? Come per i matrimoni il bon ton suggerisce di abbinare scarpe e borsa, così, mi dicono, che per la bici casco e guanti vanno insieme. Non sono ahimè riuscita ad abbandonarmi a tanta raffinatezza.
Però, per la paura di faticare troppo, che sarà già abbastanza dura, non serve aggiungere ulteriori difficoltà, sono riuscita ad essere minimal.
Ho comprato anche il filtro per l’acqua Sawyer mini, come quello degli avventurieri veri, chissà però se poi avrò il coraggio di bere l’acqua delle pozzanghere come il tipo del tutorial su YouTube.
Sotto pantaloncini con fondello nuovi che a me sembrano da maschio ma pare che siano unisex e pure troppo piccoli, ma pare che debbano stringere un pochino, quindi li metto in forma sullo schienale della sedia e in più lo imbottisco.
Il fornelletto che va a spirito, così non rimarrò senza fuoco, e una buona scorta di cibo, non si sa mai mi dovessi morire di fame.
Quanto freddo farà non lo so, ma un pile in più lo infilo dentro.
Il navigatore nuovo, uno degli ultimi modelli della Garmin l’ho restituito dopo che mi ha fatto impazzire per una settimana. Utilizzerò cartine offline e chiederò alla gente che però non mi capirà. Mi scarico quindi un dizionario di croato, bosniaco e serbo e scopro che sono la stessa lingua con le piccole grandi sfumature dei dialetti, ma in sostanza si capiscono benissimo fra di loro. Più che altro mi servirà per comunicare che non mangio animali, che cerco una fontana o un angolo del giardino in cui piantare la tenda, oltre che la strada giusta.
Mi compro le mutandine, quelle senza cucitura affinché non mi diano fastidio con lo strofinio della pedalata, però di cotone o di microfibra, perché queste ultime si asciugano più in fretta. Ma credo che sviluppino un calore assurdo e là sotto la temperatura è molto importante. Cotone.
Mi pulsa l’occhio sinistro. Ogni tanto, non sempre. Così di punto in bianco si mette a tremare. Non se ne accorge nessuno, io però lo sento. Mi imbarazza. Sono abbastanza tranquilla, io, lui no evidentemente. Allora lo ignoro e si calma. Certo però questa storia dello spray al peperoncino per tenere lontano malintenzionati umani e animali mi mette paura, ma povero cane con questo pizzicore negli occhi. Meglio non pensarci.
Ultimi ritocchi alla bici, una spennellatina alla tenda per mantenere le cuciture impermeabili ed eccomi pronta. Accompagnata alla porta dai miei due fidi e amati paladini che mi salutano preoccupati.
Comunque, oltre a chiedere protezione all’universo, ho fatto anche l’assicurazione sanitaria di viaggio con tanto di rimpatrio della salma. Tiè.
Una mezz’oretta di bici per raggiungere la stazione Termini, treno per Ancora e nave per Spalato in Croazia.
Mentre tutti si affrettano a scendere, io faccio fatica a lasciare la prima stanza d’albergo del viaggio e vorrei rimanere ancora su questa Jadrolinija calma e silenziosa. Soltanto un po’ per farmi cullare un’ultima volta.
Last call for passengers, forza e coraggio, andiamo. Dove esattamente ancora non lo so.
Vabbè allora, io vado! Al limite, se non ce la faccio, metto la bici su un autobus, su un treno, su un pick up. Bo che ne so, mi affitto una macchina e ci infilo tutto dentro. Oppure buco una ruota e chiamo il carroattrezzi.
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